Museo Civico Archeologico Ubaldo Formentini

Via 27 Marzo. (Apri Mappa)
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Descrizione

Il Museo civico archeologico Ubaldo Formentini ha sede a La Spezia, presso il castello San Giorgio, fortificazione recentemente restaurata che risale ai secoli XIV-XVII e si trova sul colle che sovrasta il centro storico cittadino, laddove è sorto il primo nucleo abitativo della zona. Il museo, istituito nel lontano 1873, poco dopo l'Unità d'Italia, è ospitato nel castello solo da pochi anni.

Il Museo civico archeologico de La Spezia è stato fondato nel 1873 intorno ad un primo nucleo di raccolte naturalistiche donate da Cesare Podenzana (1840-1884). Con l'aiuto del geologo spezzino Giovanni Capellini, il museo accolse reperti archeologici venuti in luce durante gli scavi dei bacini e delle darsene dell'Arsenale Militare e i documenti riguardanti la storia della città. Il continuo afflusso di materiali archeologici, naturalistici, etnologici e di varie donazioni ha determinato nel tempo vari spostamenti della sede del museo: da piano terra del Teatro civico, alle case municipali di Corso Cavour, alla sede del liceo cittadino, alla Palazzina Crozza, al convento di Santa Chiara, fino all'attuale sede, il Castello di San Giorgio.

Quest'ultimo trasferimento è stato concordato dal Comune e dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici della Liguria sulle basi del progetto F/O 1984 che sviluppa e concretizza un’idea degli anni trenta del Novecento, prima per iniziativa del direttore Ubaldo Formentini, poi per quella dell’amministrazione comunale che tra il 1938 e il 1939 fece ristrutturare, per collocarvi le raccolte museali, il convento di Santa Chiara, distrutto per i bombardamenti del 1943. Il recupero del rapporto tra il Castello di San Giorgio e la città moderna trova attuazione nell’ambito del più generale recupero, da parte dell'amministrazione comunale, del ruolo del centro storico cittadino con il suo particolare percorso culturale che si snoda lungo via del Prione per concludersi sulla collina del Poggio, nel Castello - museo dei più antichi reperti del territorio.

A partire dal 2005 la struttura ospita un evento divulgativo interattivo, denominato Paleofestival, che permette ai bambini di sperimentare le attività quotidiane dell'antichità.

Il museo conserva numerosi reperti provenienti dal locale territorio, che offrono testimonianze umane dalla Preistoria fino al Medioevo. Le prime produzioni di statue stele risalgono al IV millennio a.C.

La visita è programmata secondo due percorsi complementari, conseguenti o alternativi: al piano inferiore sono ospitate testimonianze della vita del territorio dal pleistocene alla romanizzazione e sulla formazione della stessa raccolta museale, al piano superiore sono conservati i reperti romani provenienti dall'area di Luni (val di Magra) e già facenti parte della collezione Fabbricotti.

La visita al piano inferiore si apre con la presentazione della collezione archeologica acquisita dal Museo civico e raccolta dal geologo spezzino Giovanni Capellini che, alla seconda metà del XIX secolo, studiò materiali preistorici, protostorici e classici gettando le basi scientifiche della moderna archeologia grazie alla fitta rete di relazioni tra intellettuali di tutta Europa.

Nella sala II inizia la sezione dedicata al territorio della Lunigiana, vi si trovano reperti di età neolitica come le accette levigate da San Bernardino, Palmaria e capo Corvo. Sono inoltre esposti i reperti eneolitici della Grotta dei Colombi dell'isola Palmaria, scavata negli anni 1869-70, e dalla Tana della Volpe di Equi Terme. Le cavità vennero utilizzate, nell'età del Rame, come sede del particolare rito funebre consistente nella deposizione dei cadaveri all'interno di grotticelle. I resti umani e la tipologia dei loro corredi (soprattutto monili formati da conchiglie e dell'industria su pietra ed osso) sono del tutto affini a quelli ritrovati in altre inumazioni neolitiche delle Alpi Apuane e del resto dell'Italia Settentrionale.

L'elemento di maggior importanza è però costituito dalla raccolta di statue stele presentata nelle due pedane perimetrali; le statue, pur denotando una caratteristica e specifica connotazione locale, si inseriscono nella corrente artistico-religiosa della statuaria antropomorfa europea presentando caratteri analoghi ad altri gruppi archeologici come quelli delle stele del Trentino-Alto Adige, Valle d'Aosta, Sardegna, Corsica, Svizzera e Francia. 
Le stele sono state ritrovate a più riprese, a partire dal XIX secolo, nel bacino fluviale del Magra e dei suoi affluenti e documentano la nascita ed il fiorire della produzione nell'età del Rame (IV-III millennio a.C.) e nell'età del Ferro. Di questi originali, diciannove sono conservati al Museo ed esposti insieme ad alcuni confronti significativi realizzati in calco.

Nella sala III sono ospitate le Steli dell'età del ferro. Sono inoltre esposte, nelle vetrine, i ritrovamenti di età del Bronzo e del Ferro, provenienti anche da necropoli e da particolari abitati conosciuti come castellari. Le Tombe ad incenerazione di Pegazzano, Ponzolo, Valdonica, Resceto e Limone Melara, sono presentate in espositori che mostrano nella parte inferiore la ricostruzione della struttura funeraria litica, la cosiddetta "cassetta", e nella superiore i resti ed il corredo funebre dei cremati.

Il primo percorso si conclude con l'esposizione, nella parte posteriore della sala I, della sezione paleontologica e coi materiali provenienti dalle ville e dagli scali di Bocca di Magra (per gentile concessione della Soprintendenza per i beni archeologici della Liguria) e San Vito di Marola alla Spezia.

Il piano superiore è dedicato al periodo romano e medievale di questo territorio, si apre con la sala V e l'esposizione degli elementi architettonici repubblicani ed imperiali provenienti da Luni, l'antica Luna, colonia dedotta nel 177 a.C. durante gli ultimi sussulti delle guerre romano-liguri. Le cave di marmo delle Alpi Apuane, vennero presto sfruttate dai coloni e Luni divenne uno dei maggiori centri di esportazione di pregiata pietra da costruzione sino al generale riflusso del IV secolo d.C.; dopo un periodo di ripresa, nell'anno 643, il longobardo Rotari distrusse Luna e la ridusse a semplice villaggio di superstiti. I materiali di provenienza lunense provengono dalla collezione privata di Carlo Fabbricotti e del figlio Carlo Andrea, industriali del marmo, che sul finire del secolo scorso indissero campagne di scavo per il recupero delle testimonianze romane arricchendo poi la propria collezione con l'acquisto di collezioni archeologiche private come quella della nobile famiglia sarzanese dei Gropallo.

L'accesso alla sala VI introduce il pubblico nello spazio dedicato al culto ed al rituale funerario. La sezione riguardante il culto mostra arte, statue, frammenti di ex voto dedicati a Luna, Silvano, Ercole e Venere collocando in questo ambito diverse divinità di origini autoctone, romane ed orientali.

L'ambiente successivo, la sala VII, oltre ad esporre altri elementi architettonici quali lacunari, antefisse e frammenti di lastre decorative da parete, contiene materiali inerenti alla vita sociale: vengono esposti oggetti che rimandano all'ambiente delle terme, del teatro o, comunque, a momenti di aggregazione come feste e rappresentazioni.

La sala VIII, con le statue, i ritratti e le sculture, si allaccia alla tematica della sala precedente per la percezione si sé da parte della società romana, della propria raffigurazione e della proiezione all'esterno di un'immagine accuratamente studiata per suggerire forza, equilibrio e nobiltà, ma anche un sobrio gusto per il lusso.

La sala IX è dedicata alle dimore e alla vita dei ceti signorili. Si trovano frammenti di particolari strutture, gli esempi di decorazione parietale, l'oggettistica di pregio e costosi ornamenti personali.

Proseguendo lungo il corridoio della sala X si trovano a destra i mosaici e alcune lapidi evergetiche e, a sinistra, basi dedicatorie già collocate nel triportico del Capitolium e riutilizzate nella costruzione della cattedrale da dove vennero recuperate durante gli scavi condotti dal Groppallo nel 1891.

La piccola sala XI, nella troniera, è invece dedicata alla vita comune, all'instrumentum domesticum (esempi di vasellame da cucina e da mensa in terracotta, vetro, bronzo e pietra ollare) e al mondo della produttività con numerosi reperti inerenti alle lavorazioni del vetro e del marmo, la pesca, la carpenteria.

Il corridoio di uscita vede esposte le testimonianze ultime della vita di Luni con frammenti marmorei provenienti dalla cattedrale e reperti databili all'alto Medioevo; particolare rilevanza viene data agli elementi suntuari del VI-VII secolo tra i quali spicca la serie di trentuno lamine auree che dovevano essere cucite ad ornamento di un capo di vestiario o di un accessorio.